La Sfida dell'Integrazione La Sfida dell'Integrazione 22379 Discorso all'Assemblea Annuale James D. Wolfensohn Presidente Gruppo della Banca Mondiale Discorso al Consiglio dei Governatori Hong Kong, Cina 23 settembre 1997 È un piacere per me darvi il benvenuto a quest'Assemblea Annuale del Gruppo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Sono anche felice di trovarmi a Hong Kong, bella città piena di vita, dove vengo regolarmente da quarant'anni e che rappresenta l'apertura, il dinamismo e l'ottimismo che regnano in gran parte dell'Asia di oggi. Quest'atmosfera si riflette nel magnifico centro congressi dove si tiene la conferenza e dove tutto è stato organizzato in una forma così impeccabile. Vorrei esprimere il mio ringraziamento ai nostri ospiti, il Governo della Cina e le autorità di Hong Kong. Sarebbe impossibile immaginare una cortesia, una generosità e un'efficienza maggiori. Ci rallegriamo del vostro progresso e non dubitiamo che esso continuerà. Il successo della Cina è veramente notevole. Meno di una generazione fa, otto cinesi su dieci conducevano una magra esistenza coltivando la terra per meno di un dollaro al giorno. Un adulto su tre non sapeva né leggere né scrivere. Da allora, 200 milioni di persone sono state sollevate dalla miseria più assoluta e l'analfabetismo è sceso a meno del 10%. La Cina è il principale beneficiario del nostro credito, uno dei nostri azionisti più apprezzati e il paese in cui vive più di un quarto dei nostri clienti. Sono felice che la nostra partnership continui a crescere. Questa è la terza volta che mi rivolgo a voi nella mia qualità di Presidente del Gruppo della Banca Mondiale - ed è la terza volta che ho l'occasione di esprimere la mia profonda gratitudine al mio amico Michel Camdessus, la cui collaborazione mi è stata tanto preziosa negli ultimi due anni e mezzo. Tale collaborazione continua più stretta che mai e mi permette di beneficiare della sua vasta esperienza e del suo giudizio. Fin dal principio, una delle mie priorità è stata quella di tastare il polso dello sviluppo, personalmente. Ad oggi, ho visitato oltre sessanta paesi, mi sono incontrato con funzionari di governo, parlamentari ed esponenti del settore privato. Ho dialogato con organizzazioni non governative (ONG) nazionali ed internazionali su una vasta gamma di argomenti, dalla questione femminile all'ambiente, dalla sanità all'impatto della riforma macroeconomica. Ovunque vada, continuo ad essere colpito dalla forza, dall'energia e dallo spirito di iniziativa, anche nelle condizioni più sfavorevoli, delle persone a cui offriamo i nostri servizi. Mi colpisce l'esistenza delle centinaia di migliaia di vittime della guerra, i milioni di bambini senza famiglia, condannati a vivere per strada, gli handicappati esclusi da ogni tipo di supporto sociale e la sofferenza degli indigenti. Oggi, il numero dei nostri clienti ha raggiunto i 4,7 miliardi di persone in oltre 100 paesi. Tre miliardi di essi vivono con meno di 2 dollari al giorno e un miliardo e trecento milioni sopravvive con meno di 1 dollaro al giorno. Cento milioni di persone soffrono quotidianamente la fame e 150 milioni non hanno neanche la possibilità di frequentare la scuola. Ma, che vivano nelle pianure o nelle valli, nei bassifondi urbani o in villaggi isolati, che parlino hindi, swahili o usbeco, tutti hanno una cosa in comune: non vogliono che venga loro fatta la carità, vogliono che venga loro offerta un'occasione. Non vogliono soluzioni imposte dal di fuori, ma la possibilità di costruire dall'interno. Non vogliono la mia o la vostra cultura, vogliono la loro. Vogliono un futuro arricchito dall'eredità del loro passato. file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione Ho capito che le persone sono uguali ovunque si trovino - in questa stanza come nelle altre parti del mondo. Tutti noi vogliamo il meglio per i nostri figli e le nostre famiglie. Tutti noi vogliamo la pace e la sicurezza economica e fisica. Tutti noi vogliamo poter contare sulla comunità in cui viviamo. Tutti noi aspiriamo alla dignità personale. Questo mi è apparso chiaramente sei mesi fa, quando ho visitato un vasto progetto idrico e sanitario, promosso dalla Banca nelle favelas del Brasile. Questo progetto, che è diventato economicamente autosufficiente, riunisce la comunità locale, il settore privato e le Organizzazioni Non Governative. Con il mio ospite, il vice governatore dello Stato di Rio, sono passato da un alloggio di fortuna all'altro, ho parlato con le donne che ci vivono e che, prima, dovevano portare l'acqua a spalla dalla valle alle loro abitazioni in cima alla collina. Tutte, una dopo l'altra, mi hanno mostrato con orgoglio che avevano l'acqua corrente, hanno tirato l'acqua del gabinetto e mi hanno raccontato come questo progetto avesse cambiato la loro vita. Mentre visitavo quei luoghi, un numero sempre crescente di donne mi si sono avvicinate, mostrandomi fatture e ricevute per alcuni real al mese. Io guardavo ed ascoltavo, fino a quando il vice governatore mi ha detto: "Ciò che ti mostrano, Jim, è che per la prima volta in vita loro, il loro nome ed indirizzo viene riportato su di un documento ufficiale. Per la prima volta, la loro esistenza è stata ufficialmente riconosciuta; per la prima volta fanno parte integrante della società. Con quella ricevuta possono comprare a credito, quella ricevuta ha loro conferito riconoscimento e speranza". Ridiscendendo la collina dove si trova quella favela, mi sono reso conto che questa è l'impresa che ci troviamo ad affrontare per portare avanti lo sviluppo: l'integrazione. Integrare nella società persone che ne sono state sempre escluse. È questo che giustifica l'esistenza del Gruppo della Banca Mondiale. È questa la ragione per cui oggi siamo qui riuniti: perché questo accada. Lo Stato Dello Sviluppo Nel 1997 A che punto siamo, in termini di "ciò che deve accadere" nel 1997? Sotto molti punti di vista, questo è il momento migliore per i paesi in via di sviluppo. La produzione complessiva è aumentata del 5,6% - il tasso più elevato degli ultimi 20 anni. Gli investimenti diretti esteri hanno superato i 100 miliardi di dollari - un livello record. Il flusso di capitali privati ha ora raggiunto i 245 miliardi di dollari - cinque volte l'assistenza ufficiale allo sviluppo. Inoltre si prevede che i paesi in via di sviluppo continueranno a registrare una forte crescita nei prossimi dieci anni. Anche gli indicatori sociali stanno migliorando. L'aspettativa di vita è aumentata più negli ultimi quarant'anni che nei precedenti quattromila. La libertà sta sbocciando. Al giorno d'oggi quasi due paesi su tre si servono di elezioni libere per scegliere i loro governanti a livello nazionale e cinque miliardi di persone vivono in un'economia di mercato - paragonati ad un miliardo di dieci anni fa. Anche a livello regionale le notizie sono buone: i programmi di riforma in Europa dell'Est e in Asia Centrale continuano a progredire e per alcuni paesi della regione, le prospettive di accedere all'Unione Europea si presentano promettenti. Si nota un vero e proprio progresso nell'Africa sub-sahariana, grazie alla presenza di nuovi gruppi dirigenti e a migliori politiche economiche. Nel 1996, il prodotto interno lordo (PIL) è salito del 4,5 per cento, in aumento rispetto al 2 per cento registrato due anni fa. Nonostante i problemi di carattere politico, in Medio Oriente e in Africa settentrionale sono in corso iniziative volte a stimolare gli scambi e gli investimenti regionali, ad accrescere la concorrenza e a sviluppare le opportunità economiche. I paesi dell'America Latina hanno superato la crisi dell'area della tequila, mantenendo intatti i progressi precedentemente acquisiti nei confronti dell'iperinflazione. Nonostante le recenti tempeste nei mercati finanziari, in Asia orientale si prevede ancora una forte crescita a lungo termine e notevoli progressi nella lotta contro la povertà. E in Asia meridionale, dove vive il 35 per cento degli indigenti dei paesi in via di sviluppo, il tasso di crescita economica negli ultimi anni si è avvicinato 6 per cento. Ma se da una parte abbiamo molto da celebrare, resta ancora molta strada da fare. Se è vero che il bicchiere è mezzo file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione pieno, è altrettanto vero che è mezzo vuoto. Sono troppi quelli che non godono dei frutti di questo successo. Qui, in Asia orientale, dove, nonostante il "miracolo", la discrepanza tra le zone urbane e quelle rurali e tra i lavoratori specializzati e quelli non specializzati si sta facendo sempre più vasta; nei paesi dell'ex Unione Sovietica, dove gli anziani e i disoccupati sono diventati più vulnerabili nella tempesta causata dalla transizione da un'economia pianificata ad un'economia di mercato; in alcune regioni dell'America Latina, dove i problemi della proprietà fondiaria, della criminalità, della violenza collegata al narcotraffico, dell'ineguaglianza di accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria, e le enormi discrepanze di reddito impediscono il progresso e minacciano la stabilità; e in molti tra i paesi più poveri del mondo, dove la crescita demografica continua ad essere più forte della crescita economica, abbassando il tenore di vita. Ma la tragedia più grande è che per troppi il bicchiere è quasi completamente vuoto. Infatti, per troppi, questo è il momento peggiore, in quanto continuano ad esistere enormi discrepanze tra i paesi e all'interno di paesi stessi. In troppi paesi, il 10 per cento dei più poveri dispone di meno dell'1 per cento del reddito nazionale, mentre il 20 per cento dei più ricchi dispone di più della metà. In troppi paesi l'accesso all'istruzione delle bambine è inferiore del 50 per cento rispetto ai loro coetanei di sesso maschile. In troppi paesi, i bambini sono handicappati dalla nascita a causa della malnutrizione, dell'insufficienza nell'assistenza sanitaria e dell'insufficienza o della mancanza di programmi per lo sviluppo della prima infanzia. In troppi paesi, le minoranze etniche soffrono la discriminazione e sono minacciate nella loro stessa esistenza dalle maggioranze etniche. Quello che vediamo nel mondo odierno è la tragedia dell'esclusione. Le Sfide Che Ci Attendono La nostra meta è di ridurre queste discrepanze tra i paesi e in seno ai paesi stessi; di integrare un numero sempre crescente di persone nella vita economica e di promuovere un equo accesso ai benefici dello sviluppo, a prescindere dalla nazionalità, della razza o del sesso. La sfida dell'integrazione è la grande sfida del nostro tempo nel campo dello sviluppo. Voi, io e noi tutti qui presenti - i privilegiati del mondo industrializzato e del mondo in via di sviluppo - potremmo non raccogliere questa sfida. Potremmo concentrarci solo sui buoni risultati. Potremmo adattarci ad un certo aumento della criminalità, ad un certo aumento delle guerre, ad un certo aumento dell'inquinamento dell'aria. Potremmo isolarci da intere parti del mondo dove la crisi, a noi in gran parte invisibile, è una realtà quotidiana. Ma non possiamo ignorare il fatto che viviamo vicino ad una bomba ad orologeria che, se non prendiamo provvedimenti, potrebbe scoppiare in faccia ai nostri figli. Se non prendiamo provvedimenti, tra trent'anni queste ineguaglianze saranno ancora maggiori. Con la popolazione che cresce al ritmo di 80 milioni all'anno, potrebbero essere 5 miliardi di persone, e non 3 miliardi, che dovranno sopravvivere con meno di 2 dollari al giorno. Fra trent'anni, la qualità dell'ambiente sarà peggiorata. Avremo perso il 24 per cento della foresta tropicale, invece del 4 per cento, dai tempi del Congresso di Rio de Janeiro. Tra trent'anni il numero delle guerre potrebbe essere superiore. Viviamo già in un mondo che, solo l'anno scorso, ha visto 26 guerre tra uno stato e l'altro e 23 milioni di profughi. Non è necessario trascorrere un lungo periodo di tempo in Bosnia, a Gaza o nella regione dei laghi dell'Africa per capire che la pace non può regnare senza la speranza di progresso economico. Non può esservi stabilità mondiale, quando manca equità. Senza un miglior senso di giustizia sociale, le città non potranno essere sicure e le società non potranno essere stabili. Senza l'integrazione, troppi esseri umani saranno condannati a vivere segregati, armati, terrorizzati. Da qualsiasi prospettiva si consideri il problema, da quello sociale, economico o morale, questa è una sfida che non possiamo permetterci di ignorare. Non ci sono due mondi, ce n'è solo uno. Respiriamo la stessa aria. Degradiamo lo file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione stesso ambiente. Condividiamo lo stesso sistema finanziario. Abbiamo gli stessi problemi di salute. L'AIDS non conosce frontiere. La criminalità non conosce frontiere. La droga non conosce frontiere. Il terrorismo, le guerre e le carestie non conoscono frontiere. L'economia modifica profondamente il rapporto tra le nazioni ricche e quelle povere. Probabilmente, nei prossimi venticinque anni, la crescita della Cina, dell'India, dell'Indonesia, del Brasile e della Russia trasformerà la carta geografica del mondo, e la quota della produzione mondiale dei paesi in transizione e in via di sviluppo raddoppierà. Oggi, questi paesi costituiscono il 50 per cento della popolazione mondiale, ma rappresentano solo l'8 per cento del PIL. La loro quota del commercio mondiale è un quarto di quella dell'Unione Europea. Nel 2020, essa potrebbe superarla del 50 per cento. Condividiamo lo stesso mondo e dobbiamo affrontare le stesse sfide. La lotta contro la povertà equivale alla lotta per la pace, per la sicurezza e per la crescita di tutti noi. Che fare? Nessun paese è mai riuscito a vincere la lotta contro la povertà senza una crescita economica sostenuta. Questo è poco ma sicuro. I paesi che ci sono riusciti meglio - compresi, in particolare, proprio numerosi paesi qui in Asia orientale - hanno investito notevolmente nelle loro risorse umane, si sono serviti delle giuste politiche economiche di base e non hanno penalizzato il settore rurale. I risultati sono stati eccezionali: forti apporti di capitale privato, una rapida crescita e una netta riduzione della povertà. Il messaggio diretto ai paesi è chiaro. Istruite la popolazione, assicuratene la salute, datele una voce in capitolo, amministrate con giustizia, mettete in atto sistemi finanziari che funzionino, programmi economici validi, e la popolazione reagirà, risparmierà, attraendo gli investimenti sia nazionali che esteri necessari ad elevare il tenore di vita ed a promuovere lo sviluppo. Ma gli avvenimenti recenti ci danno anche un altro messaggio: in questi ultimi mesi abbiamo visto che i mercati finanziari richiedono la divulgazione di sempre maggiori informazioni economiche e abbiamo constatato la rapidità con cui essi giudicano la qualità e la sostenibilità delle politiche governative in base a tali dati. Abbiamo visto che, senza una solida struttura e un valido controllo, i sistemi finanziari possono vacillare, a detrimento, in particolare, dei poveri. Abbiamo visto come la corruzione dilaghi se è tenuta nascosta, come essa impedisca la crescita economica e la giustizia sociale, e come ponga le basi dell'instabilità politica e sociale. Dobbiamo riconoscere il rapporto tra positivi risultati economici e una gestione degli affari pubblici trasparente. A prescindere dal sistema politico, le decisioni pubbliche devono essere portate alla luce dello scrutinio pubblico, non solo per accontentare i mercati, ma anche per formare un ampio consenso sociale senza il quale anche le strategie economiche meglio concepite sono inevitabilmente destinate a fallire. La Comunità Dello Sviluppo Come possiamo, nell'ambito della comunità dello sviluppo nel suo senso più vasto, contribuire nel migliore dei modi all'adempimento dell'ingente compito che abbiamo di fronte? È chiaro che il problema è di una scala troppo vasta per poter essere risolto, individualmente, da uno di noi. E neppure potremmo adempiere questo compito se lavoriamo scoordinati o se nutriamo sentimenti di rivalità che avremmo dovuto abbandonare da tempo. La società civile e le istituzioni multilaterali per lo sviluppo devono porre fine alle loro discordie. La critica non deve mancare, ma non dimentichiamo che abbiamo una meta comune da raggiungere e che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Sono convinto che un rapporto di partnership deve essere la pietra angolare dei nostri sforzi e deve poggiare sui seguenti quattro pilastri. Innanzitutto i governi e le popolazioni dei paesi in via di sviluppo devono stare ai comandi, devono poter esercitare il diritto di scelta e fissare i propri obiettivi. Lo sviluppo richiede un livello di volontà politica troppo profondo e sostenuto da poterlo imporre dall'esterno e non può essere un dettame dei finanziatori. file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione Ma quello che noi, membri della comunità dello sviluppo, possiamo fare, è aiutare quei paesi, fornendo i finanziamenti, certamente, ma, cosa ancora più importante, condividendo le conoscenze e le lezioni che abbiamo imparato sulle sfide che questi paesi devono affrontare e sul modo di affrontarle. Dobbiamo imparare a mollare la presa. Dobbiamo accettare l'idea che i progetti che noi finanziamo non appartengono al finanziatore o alla Banca Mondiale, ma al Costa Rica, al Bangladesh o alla Cina. Perché giungano a buon fine, i progetti e i programmi di sviluppo debbono appartenere interamente a chi, localmente, ha in essi un interesse diretto, e dobbiamo dare ascolto ala loro voce. In secondo luogo, le nostre partnership non debbono escludere nessuno: debbono coinvolgere le organizzazioni bilaterali e multilaterali, le Nazioni Unite, l'Unione Europea, le organizzazioni regionali, l'Organizzazione per il Commercio Mondiale, le organizzazioni del lavoro, le organizzazioni non governative (ONG), le fondazioni e il settore privato. Se ognuno di noi contribuisce con i rispettivi punti di forza, possiamo intensificare l'impatto dell'opera volta allo sviluppo. Terzo, dobbiamo offrire assistenza a tutti i paesi che ne hanno bisogno ma dobbiamo essere selettivi nell'uso delle nostre risorse. Non si sfugge ad un dato di fatto: un numero più alto di persone verrà strappato alla povertà se indirizziamo la nostra assistenza verso paesi che perseguono dei programmi economici validi piuttosto che se gli stanziamenti avvengono a prescindere dalle politiche economiche perseguite localmente. Studi recenti hanno confermato ciò che già sapevamo intuitivamente: inserita in un contesto di politica economica valido l'assistenza allo sviluppo migliora le prospettive di crescita e le condizioni sociali, ma se accompagnata da inefficienti politiche economiche, l'assistenza allo sviluppo può invece addirittura rallentare il progresso in quanto riduce il bisogno di cambiamenti e crea uno stato di dipendenza. Desidero essere molto chiaro su questo punto, non mi sto facendo assertore di una teoria darwiniana dello sviluppo secondo la quale ci si debba liberare degli inabili lasciandoli sul ciglio della strada. Al contrario. Il nostro obiettivo è quello di dare appoggio agli abili e rendere abili gli inabili. È una questione di integrazione. In Africa, ad esempio, una nuova generazione di governanti merita tutto il nostro appoggio per le coraggiose decisioni che stanno prendendo; essi hanno grandi necessità e crescenti capacità di usare al meglio i fondi di assistenza per farvi fronte. Dobbiamo essere al loro fianco. Si tratta di un imperativo economico e morale. Tuttavia, laddove l'assistenza allo sviluppo non può essere efficace a causa di cattive politiche economiche o per via della corruzione o di cattiva amministrazione, dobbiamo escogitare nuovi modi per aiutare la gente. Non il vecchio approccio del passato in cui l'assistenza tecnica veniva affidata troppo ai consulenti stranieri. Dobbiamo aiutare quei paesi ad aiutare sé stessi: stimolando la loro capacità di pianificare ed attuare il loro sviluppo. Infine, tutti noi, nella comunità dello sviluppo, dobbiamo riesaminare le nostre strategie. Dobbiamo fare quel salto di qualità che ci consenta di incidere profondamente sul problema della povertà. Dobbiamo vedere le cose in un contesto più ampio, travalicare i singoli progetti finanziati dai donatori e incoraggiare il perseguimento di strategie nazionali e oltre, fino a giungere a strategie regionali transnazionali e a riforme strutturali del sistema. Dobbiamo mettere a punto approcci che possano essere replicati e adattati alle circostanze locali. Ciò che serve non è un progetto agricolo qui e un gruppo di scuole là, servono strategie rurali e strategie per l'istruzione a livello nazionale che possano aiutare al tempo stesso tutti gli Oaxacas e i Chiapas e tutte le Città del Messico di questo mondo. Dobbiamo concentrare le nostre forze sui punti nevralgici del cambiamento: infrastrutture adeguate nei settori chiave, sviluppo sociale ed umano, sviluppo rurale e ambientale, nonché sviluppo del settore finanziario e del settore privato. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che l'istruzione delle bambine e le opportunità offerte alle donne in termini di salute, istruzione e impiego, sono elementi fondamentali per uno sviluppo equilibrato. In tema di lotta per l'integrazione, tutto ciò implica un cambiamento radicale nel modo di agire della comunità dello file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione sviluppo. Dobbiamo pensare in termini di risultati: come ottenere il più alto rendimento dalle nostre scarse risorse. Dobbiamo pensare in termini di sostenibilità: come ottenere un impatto economico duraturo compatibile con un modello ambientale sostenibile. Dobbiamo pensare in termini di equità: come integrare gli svantaggiati. Non dobbiamo concentrarci su progetti facili, ma su quelli difficili: nel nord est del Brasile, nella valle del Gange in India e nel Corno d'Africa. Certo, i progetti in queste aree del mondo sono più rischiosi. Ma il loro successo avrà più valore in quanto più persone potranno godere dei benefici dello sviluppo e avranno la possibilità di vivere una vita migliore. La Risposta Del Gruppo Della Banca Mondiale Come risponde il Gruppo della Banca Mondiale alla Sfida per l'integrazione? Lo scorso anno, ho dichiarato che affinché il Gruppo diventasse più incisivo, aveva bisogno di operare dei cambiamenti, di ascoltare da vicino le necessità dei paesi beneficiari, di mettere l'accento sulla qualità e di assumersi la responsabilità dei risultati. Quest'anno, voglio informarvi che ciò sta accadendo. Non solo la Banca sta cambiando, ma il bisogno di cambiamento è stato accettato in pieno. Sappiamo tutti che la Banca ha tentato di cambiare in passato. Ma non si è mai raggiunto l'attuale livello di impegno e di consenso. Il nostro punto di riferimento è l'obiettivo definito dal mio predecessore, Lew Preston, la cui morte prematura gli ha impedito di attuare il suo piano. All'inizio dell'anno, abbiamo lanciato un programma d'azione, cosiddetto Strategic Compact, per rinnovare i nostri valori e il nostro impegno allo sviluppo e per accrescere l'efficacia della Banca. Ritengo che il programma abbia portata storica. Non per il fatto che vi sia accordo su ogni paragrafo di tale documento; ma perché il personale, il management e gli azionisti, con ampio appoggio da parte dei nostri Direttori Esecutivi, sono ora unanimi circa il futuro orientamento della nostra organizzazione. Sebbene la strada sia ancora lunga e il cambiamento sia gravoso, ed alcuni ne stanno già risentendo sensibilmente, l'attuazione del programma sta procedendo a tutta forza. Sono fermamente convinto che questa volta ce la faremo. Ce la faremo grazie alla profonda competenza e dedizione del nostro personale. Ritengo non esista un miglior team al servizio dello sviluppo, o uno con più esperienza nella lotta contro la povertà. Ma il programma non riguarda principalmente la nostra organizzazione e il cambiamento interno; riguarda i nostri clienti e il modo più efficace per rispondere alle loro necessità. Per passare dalle parole ai fatti, abbiamo proceduto ad un energico decentramento. Entro la fine di questo mese, diciotto dei nostri quarantotto direttori operativi nazionali, i quali godono di ampi poteri decisionali, saranno stati trasferiti nei paesi cui sono preposti, rispetto ai tre dell'anno scorso. Abbiamo accelerato i nostri tempi di risposta e abbiamo introdotto nuovi strumenti, quali il prestito denominato in una sola valuta e i prestiti per progetti innovativi da 5 milioni di dollari o meno, che possono essere attuati in tempi molto rapidi. Di concerto con Michel Camdessus e i nostri colleghi del FMI, e con numerosi altri partner, abbiamo messo a punto pacchetti del valore di circa 5 miliardi di dollari per la riduzione del debito in sei paesi poveri altamente indebitati nel quadro dell'iniziativa HIPC. Non male per un'iniziativa che appena diciotto mesi fa non aveva neanche un nome. Inoltre ci stiamo muovendo velocemente per aiutare altri paesi poveri altamente indebitati. La Nuova Banca ha un impegno per la qualità. Abbiamo rafforzato i team di gestione per paese, nominando 150 nuovi manager nell'arco degli ultimi sei mesi ed istituendo rigorosi programmi di addestramento e di formazione professionale per tutto il personale. La International Finance Corporation (IFC) ha anch'essa operato profondi cambiamenti nell'ambito del management e sta dando attuazione al decentramento. file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione Abbiamo migliorato la qualità del nostro portafoglio e, di conseguenza, i nostri esborsi hanno raggiunto il livello record di 20 miliardi di dollari. La qualità della nostra opera nel suo complesso è cresciuta grazie ai progressi conseguiti verso l'obiettivo di divenire una Banca delle Conoscenze. Abbiamo creato reti di comunicazione per consentire lo scambio di conoscenze in tutte le regioni e nei più importanti settori dello sviluppo. Il nostro Istituto per lo Sviluppo Economico (Economic Development Institute, EDI) svolge un ruolo di primo piano in questo senso. Lo scorso giugno, a Toronto, assieme al governo canadese e a molti altri sponsor, tale Istituto ha riunito i partecipanti provenienti da oltre 100 paesi per la prima Conferenza Globale delle Conoscenze. Il mio obiettivo è rendere la Banca Mondiale la prima fonte di consultazione per i dati sullo sviluppo. Entro l'anno 2000, avremo messo a punto un sistema di comunicazioni globale con legami informatici, videoconferenze e classi interattive, che offrirà ai nostri clienti in tutto il mondo accesso illimitato alle nostre banche dati, una vera e propria rivoluzione geografica per la Banca. Incoraggiamo inoltre una maggiore assunzione di responsabilità in tutto il Gruppo della Banca Mondiale: Abbiamo messo a punto una sorta di pagella dell'istituzione per valutare i nostri risultati. Seguiamo da vicino il rispetto delle nostre linee programmatiche e perfezioniamo continuamente il meccanismo di ispezione per renderlo più trasparente ed efficace. Stiamo mettendo a punto politiche di impiego che leghino esplicitamente il rendimento al livello retributivo e alle promozioni. L'accento sul concetto di responsabilità viene messo anche nel dialogo con i nostri clienti. Lo scorso anno, ho messo in evidenza l'importanza della lotta contro il cancro della corruzione. Da allora, abbiamo dato al personale nuove direttive per affrontare la corruzione e per assicurare che anche i nostri processi interni si attengano ai più alti standard di trasparenza e di correttezza. Abbiamo anche avviato una collaborazione con un primo gruppo di sei dei nostri paesi membri per mettere a punto programmi anticorruzione. La mia conclusione sulla corruzione è semplice: se un governo si rifiuta di agire nonostante il fatto che gli obiettivi di sviluppo del paese siano minati dalla corruzione, il Gruppo della Banca Mondiale deve limitare il livello di assistenza fornito. La corruzione, per definizione, mira all'esclusione: promuove gli interessi di pochi a scapito della collettività. Dobbiamo combatterla dovunque si trovi. Ma la chiave per affrontare la sfida dell'integrazione è di accertarsi non solo di attuare bene le misure adottate, ma di adottare le misure appropriate. Ho già menzionato i punti nevralgici del cambiamento ma desidero soffermarmi un momento su ciò che stiamo facendo in ciascuno di tali campi. Sviluppo umano e sociale. Stiamo includendo le questioni sociali -- compresa l'importanza del ruolo delle culture indigene -- nelle strategie di assistenza al fine di raggiungere meglio le minoranze etniche, le famiglie con a capo una donna e altri gruppi emarginati. Stiamo partecipando a programmi mirati a comunità locali per rispondere a necessità diffuse, come ad esempio il programma di alfabetizzazione di base, detto EDUCO, in Salvador, e il Programma di istruzione elementare in India. Tali programmi stanno venendo applicati in altri paesi. Abbiamo rafforzato il nostro appoggio allo sviluppo delle capacità istituzionali; in particolare, al vasto programma avviato dai paesi africani lo scorso anno. Sviluppo sostenibile. Nelle zone rurali, in cui abita oltre il 70 per cento della popolazione povera mondiale, abbiamo messo in atto un radicale ripensamento della nostra strategia. Dopo molti anni di declino, i finanziamenti sono in crescita e sostengono programmi innovativi come la strategia di riforma fondiaria in Brasile, basata su criteri economici di mercato. Stiamo anche sostenendo i tentativi dei nostri clienti di risolvere le questioni ambientali idrico/sanitarie, tanto spesso trascurate ma che rivestono un'importanza fondamentale nella qualità della vita quotidiana dei poveri. file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione E, attraverso il Global Environmental Facility (GEF), la Global Carbon Initiative e un nuovo accordo con il Fondo mondiale per la natura (WWF) per la protezione delle foreste di tutto il mondo, la strategia ambientale mondiale continua a fare progressi. Il settore privato. Stiamo raccogliendo i frutti delle sinergie tra la Banca, la IFC e la Multilateral Investment Guarantee Agency (Agenzia Multilaterale per la Garanzia agli Investimenti, MIGA) e stiamo coordinando le nostre attività all'interno di uno "sportello" unico mirato alle necessità dei nostri clienti. Il Gruppo della Banca Mondiale nel suo complesso sta prestando sempre più attenzione alle riforme normative e dei sistemi giuridici, allo scopo di contribuire alla creazione delle condizioni atte ad attrarre capitali privati nazionali ed esteri. Stiamo facendo uso delle garanzie della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) per contribuire ad appoggiare cambiamenti di politica economica e ridurre il rischio. Inoltre stiamo ampliando la gamma di strumenti offerti dall'International Development Association (IDA) per aiutare i paesi poveri a sviluppare il settore privato e integrarsi a pieno titolo nell'economia mondiale. Nel contempo l'IFC opera in 110 paesi, e in più settori sfruttando più strumenti finanziari che mai. Lo scorso anno, sono stati approvati stanziamenti per 6,7 miliardi di dollari per 276 progetti. L'iniziativa dell'IFC, denominata Extending the Reach Program, si indirizza verso trentacinque paesi e regioni che hanno ricevuto un numero limitato di investimenti dal settore privato. Ancora una volta, l'obiettivo è chiaro: integrare sempre più economie attualmente ai margini nel mercato dell'economia mondiale. Anche la MIGA sta svolgendo un ruolo attivo e più incisivo. Lo scorso anno ha emesso il numero record di 70 contratti di garanzia relativi a progetti in venticinque paesi in via di sviluppo, compresi undici paesi in cui non era mai stata operativa. Sono felice che ieri il Development Committee abbia dato il consenso all'aumento del capitale della MIGA che le consentirà di continuare a crescere. Il settore finanziario. Questo punto nevralgico è stato messo in risalto dai recenti avvenimenti in Asia orientale. Anche qui stiamo intensificando la nostra opera, coordinandola con quella del FMI e delle banche di sviluppo regionali, per la semplice ragione che quando si verifica un tracollo nel settore finanziario, sono i poveri a soffrirne di più. Sono i poveri a pagare il prezzo più alto quando diminuiscono gli investimenti e l'accesso al credito, quando vengono licenziati i lavoratori, quando vengono tagliati i bilanci e i servizi per coprire le perdite. Tuttavia, perché il settore finanziario prosperi, non basta annunciare nuove politiche o pacchetti finanziari messi insieme al momento della crisi. In quest'ottica, stiamo ampliando la nostra capacità di ristrutturazione dei sistemi bancari e finanziari, non solo per i paesi a reddito medio, ma assumendo il compito più impegnativo di sviluppare il settore finanziario nei paesi a basso reddito. Per tali paesi, in cui vivono i 3 miliardi di abitanti più poveri della terra, l'IDA resta lo strumento chiave per affrontare la sfida dell'integrazione. A tempo debito, mi rivolgerò nuovamente a voi per sollecitare il vostro sostegno per la dodicesima ricostituzione delle risorse dell'IDA. Conclusione Ritengo che abbiamo compiuto notevoli progressi nel mettere ordine a casa nostra per prepararci alle sfide del nuovo millennio. Il 1997 è stato un anno di grandi risultati. Dobbiamo proseguire. Dobbiamo impegnarci a realizzare il programma di lavoro previsto per il prossimo anno, rafforzare il portafoglio di progetti in preparazione e sviluppare le risorse che vanno direttamente in prima linea. E dobbiamo applicare le raccomandazioni dello studio sul rapporto costo/efficacia all'interno della Banca. Ma è anche giunto il momento di tornare al sogno, il sogno di uno sviluppo condiviso da tutti. Ci troviamo ad una svolta storica unica in cui abbiamo la possibilità di trasformare quel sogno in realtà. Oggi, abbiamo file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM] La Sfida dell'Integrazione raggiunto un livello di consenso senza precedenti sulle politiche che debbono essere attuate per assicurare una crescita sostenibile e la riduzione della povertà. Oggi, abbiamo prove chiare ed inequivocabili dell'esistenza di un legame di carattere economico e sociale tra i paesi in via di sviluppo e i paesi industrializzati. Oggi, ci troviamo di fronte ad un futuro in cui, a meno di non prendere provvedimenti, i nostri figli saranno condannati a vivere in un ambiente in degrado e in un mondo meno sicuro. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è solo la volontà di concentrarci sull'avvenire e il coraggio di agire immediatamente. Nella nostra qualità di comunità dello sviluppo, ci troviamo di fronte ad una scelta importante. Possiamo decidere di continuare nella nostra routine, occupandoci di un progetto qui ed un progetto là, troppo spesso senza affrontare alla radice il problema della povertà. Possiamo continuare a sottoscrivere accordi internazionali che poi restano lettera morta. Possiamo continuare ad intraprendere lotte intestine di potere e a pontificare. Oppure, possiamo decidere di realizzare veramente qualche cosa. Ma per farlo, dobbiamo volare alto, guardare più in là degli interessi di parte. Dobbiamo creare partnership volte a massimizzare il nostro impatto e il rendimento delle nostre limitate risorse. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi e agire nelle aree in cui il nostro impatto per lo sviluppo ha il potenziale più alto. Noi del Gruppo della Banca Mondiale siamo pronti a fare la nostra parte. Ma non possiamo farcela da soli. Solo lavorando assieme potremo conseguire dei risultati apprezzabili. Solo se cambiamo tutti atteggiamento potremo compiere quel salto di qualità. Solo se, nei consigli d'amministrazione, nei ministeri e nelle piazze di tutto il mondo, riconosciamo che non è possibile giungere alla prosperità sostenibile a meno di non giungere all'integrazione, potremo realizzare dei risultati. Consentitemi di terminare dove ho cominciato: in quella favela in Brasile. Ciò che ho visto nei volti delle donne, lì, l'ho visto anche in India sui volti delle donne che mi mostravano i loro libretti di risparmio bancari. L'ho visto in Cina sui volti dei contadini che abitano nelle caverne, quando gli è stato offerto un pezzo di terra nuova e produttiva. L'ho visto sui volti degli abitanti nei villaggi dell'Uganda, quando per la prima volta hanno potuto mandare i loro figli a scuola grazie ai proventi derivanti dall'iniziativa privata, guadagnati tramite il programma di investimenti rurali. Lo sguardo negli occhi di questa gente non è uno sguardo di disperazione. È uno sguardo pieno di orgoglio, di fiducia in loro stessi, del senso di far parte integrante della società. Si tratta di persone che hanno un senso di loro stessi, un senso della tradizione, un senso della famiglia, basta che gli venga fornita un'opportunità. Ognuno di noi in questa sala deve assumersi personalmente la responsabilità di garantire che essi ottengano quell'opportunità. Possiamo farcela. Dobbiamo farlo per il futuro dei nostri figli. Assieme, ce la faremo. file:///M:/idu/Web%20Project/EXTDR/WEB/JWSP97I.HTM[11/12/2009 10:15:07 AM]